Questa raccolta di duetti recenti del compositore Michael Hersch dà all’ascoltatore la possibilità di sentire gli intensi contrasti espressivi così caratteristici della sua musica in un contesto profondamente intimo. Da intervalli stridenti e ravvicinati, ad armonici delicati ed eterei, a passaggi virtuosistici, la voce di Hersch si proietta con forza in questa registrazione con tre dei suoi più frequenti collaboratori: Patricia Kopatchinskaja, Miranda Cuckson, e Jay Campbell, così come il compositore stesso al pianoforte.
Kopatchinskaja ha commissionato Hersch specificatamente per scrivere un lavoro che combinasse l’esecuzione vocale e strumentale, e il risultato è un pezzo straziante che sposa la narrazione al canto. La parte parlata in …das Rückgrat berstend è precisamente annotata con ampie marcature di espressione, delineando specifiche dinamiche, durate e indicazioni di carattere che si impegnano in una forma di pittura di parole con forma narrativa parlata. Il testo di partenza è di Christopher Middleton, e su richiesta della Kopatchinskaja è stato tradotto in tedesco. La voce si sente per lo più da sola mentre gli archi rispondono e colorano il testo in modo reattivo. La meticolosa notazione di Hersch della parte vocale assicura che essa adempia a un doppio ruolo, sia come il narratore della poesia angosciosa di Middleton, ma anche come un terzo “strumento” nella composizione. Come con molta della musica di Hersch, i momenti di riposo nell’opera non sono del tutto riposanti – un disagio vuoto indugia negli intervalli disincarnati.
Hersch si è unito alla violinista Miranda Cuckson per una performance in duo al locale di Brooklyn National Sawdust nell’autunno del 2018. Attingendo dai suoi lavori per violino e pianoforte (the wreckage of flowers), violino solo (the weather and landscape are on our side, Fourteen Pieces, Five Fragments), e pianoforte solo (The Vanishing Pavilions), Hersch ha creato un nuovo pezzo lungo una serata – un estratto del quale appare in questa registrazione – che sottolinea ulteriormente la natura violenta e meticolosa sia della musica che della sua esecuzione. Materiale atletico e urgente contrasta con toni sostenuti statici e meditativi e pilastri verticali di sonorità risonanti in un lavoro coesivo che intreccia abilmente composizioni disparate in una nuova opera, e cattura un equilibrio palpabile di concentrazione e libertà dal momento dell’esecuzione stessa.
Ognuno dei tredici movimenti di Carrion-Miles to Purgatory è abbinato a un frammento dalla raccolta di poesie di Robert Lowell, Lord Weary’s Castle. Le connessioni tra le poesie di Lowell e la musica di Hersch sono in gran parte inconsce, ma la poesia ha fornito a Hersch conforto durante la composizione del pezzo – un periodo in cui era alle prese con la recente morte di un caro amico. Nel richiedere un uso parsimonioso del vibrato in tutto il brano, Hersch indica il suo interesse per un mondo sonoro di massima vulnerabilità, come dimostrato nei precari accordi instabili dei movimenti di apertura. Il movimento III è una nenia distorta, con accordi discordanti che oscillano avanti e indietro tra i due strumenti, e la qualità monolitica dei gesti ritmici dei movimenti precedenti comincia ad allentarsi nel movimento IV. Il movimento V richiama materiale dai movimenti precedenti e prefigura il materiale che si sentirà nel resto del pezzo. Si pone al centro della composizione come un riassunto e una prefigurazione, e coinvolge immediatamente l’ascoltatore in un meta-dialogo con la struttura del pezzo mentre lo si ascolta. Il movimento VI è segnato da luminose diadi sostenute nel violino, dalle quali il violoncello emerge con inquietanti ponticelli. Il Movimento VII, “Ferociously”, ritorna alle viscerali, torreggianti sonorità del Movimento III, e riafferma lo schema di dicotomia di Hersch tra musica interiore e musica sorprendentemente esteriore (sottolineata ancora di più dalla struggente, lilting melodia nel Movimento VIII). Continuando lungo questo schema di energie contrastanti, con nuovo materiale inventivo in ogni movimento successivo, Hersch arriva all’ultimo e più lungo movimento dell’opera, una meditazione estesa sul materiale contenuto nei movimenti precedenti. L’opera si chiude tranquillamente, mentre ascoltiamo materiale simile a un inno attraverso una foschia di rassegnazione. Carrion-Miles to Purgatory sposa il gesto strutturale su larga scala con il pezzo di carattere in miniatura, e lo fa all’interno della drastica cornice del mondo espressivo di Hersch, evidenziando la sua capacità di scrivere materiale avvincente in questo più interiore dei contesti, il duo strumentale.
-D. Lippel