Nel 1917, Bjerknes accettò una posizione con il museo di Bergen (Norvegia; ora parte dell’Università di Bergen), dove fondò il Bergen Geophysical Institute. Bjerknes aveva 55 anni all’epoca e la maggior parte degli storici concordano che è qui che Bjerknes fece il suo miglior lavoro, continuando la sua ricerca sull’approccio matematico alle previsioni del tempo. Lavorando con suo figlio Jacob e il suo compagno di studi Halvor Solberg, furono poi raggiunti dal meteorologo svedese Tor Bergeron. Insieme, questo straordinario gruppo di meteorologi avanzò la teoria che l’attività meteorologica si concentra nelle zone di relativelynarrow, che formano i confini tra masse d’aria calda e fredda. Chiamarono queste zone “fronti”, un’analogia con i fronti di battaglia della prima guerra mondiale. La teoria fu ampiamente acclamata e divenne nota come la “teoria del fronte polare di un ciclone a onda in sviluppo” o, semplicemente, la “teoria del fronte polare”. Ciò che questi scienziati diedero al mondo era un modello funzionante di come un ciclone di media latitudine progredisce attraverso le fasi di nascita, crescita e decadimento. Il loro modello segnò una svolta nella scienza atmosferica.

Fronti atmosferici
Bjerknes, in collaborazione con suo figlio Jacob e altri scienziati della Scuola di Bergen in Norvegia, sviluppò la teoria del fronte polare. Questa teoria è la base di gran parte delle attuali previsioni meteorologiche e descrive l’interazione di masse d’aria calda e fredda. Nella mappa qui sopra i fronti caldi sono contrassegnati da mezzi cerchi rossi e i fronti freddi da triangoli blu. (Mappa per gentile concessione del National Weather Service)

Quando era all’Istituto, nel 1921, Bjerknes pubblicò “On the Dynamicsof the Circular Vortex with Applications to the Atmosphere and toAtmospheric Vortex and Wave Motion”. Ora considerato un classico, questo lavoro ha offerto uno dei primi resoconti moderni ed estesi della struttura e dell’evoluzione dei cicloni. Quest’opera rimane straordinariamente inalterata fino ad oggi. Bjerknes fece la sua mossa finale nel 1926 quando accettò la cattedra del Dipartimento di Meccanica Applicata e Fisica Matematica all’Università di Oslo (Kristiania fu rinominata Oslo nel 1925). Lì, oltre ai suoi studi di meteorologia, continuò a studiare il lavoro idrodinamico iniziato da suo padre. Nel 1926, produsse anche la teoria che le macchie solari sono le estremità in eruzione di vortici magnetici rotti dai diversi tassi di rotazione dei poli del sole (rotazione più lenta) e dell’equatore (rotazione più veloce).

Durante i suoi anni all’Università di Oslo, Bjerknes attirò e ispirò studenti dotati, mettendo un notevole sforzo nelle sue pratiche di insegnamento. Pubblicò anche un libro sull’analisi vettoriale (trattamenti matematici di concetti fisici come la velocità, l’accelerazione e la forza) nel 1929 che fu prodotto come primo volume di un libro di testo più grande sulla fisica teorica.

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