Calcolo numerico

Lo sviluppo di nuovi metodi di calcolo numerico fu una risposta alle crescenti esigenze pratiche del calcolo numerico, in particolare nella trigonometria, nella navigazione e nell’astronomia. Le nuove idee si diffusero rapidamente in Europa e portarono entro il 1630 a una grande rivoluzione nella pratica numerica.

Simon Stevin dall’Olanda, nel suo breve pamphlet La Disme (1585), introdusse le frazioni decimali in Europa e mostrò come estendere i principi dell’aritmetica indù-araba al calcolo con questi numeri. Stevin sottolineò l’utilità dell’aritmetica decimale “per tutti i conti che si incontrano negli affari degli uomini”, e spiegò in un’appendice come poteva essere applicata al rilevamento, alla stereometria, all’astronomia e alla mensurazione. La sua idea era di estendere il principio posizionale in base 10 ai numeri con parti frazionarie, con una corrispondente estensione della notazione per coprire questi casi. Nel suo sistema il numero 237,578 era indicato come

Disegno del numero 237,578 nel sistema decimale di Simon Stevin.

in cui le cifre a sinistra dello zero sono la parte integrale del numero. A destra dello zero ci sono le cifre della parte frazionaria, con ogni cifra seguita da un numero cerchiato che indica la potenza negativa a cui 10 è elevato. Stevin mostrò come la solita aritmetica dei numeri interi potesse essere estesa alle frazioni decimali, usando regole che determinavano il posizionamento delle potenze negative di 10.

Oltre che per la sua utilità pratica, La Disme fu significativa per il modo in cui minò lo stile dominante della geometria greca classica nella matematica teorica. La proposta di Stevin richiedeva un rifiuto della distinzione nella geometria euclidea tra la grandezza, che è continua, e il numero, che è una moltitudine di unità indivisibili. Per Euclide, l’unità, o uno, era una cosa speciale, non il numero ma l’origine, o principio, del numero. L’introduzione delle frazioni decimali sembrava implicare che l’unità potesse essere suddivisa e che una grandezza continua arbitraria potesse essere rappresentata numericamente; supponeva implicitamente il concetto di un numero reale positivo generale.

Le tavole dei logaritmi furono pubblicate per la prima volta nel 1614 dal laird scozzese John Napier nel suo trattato Description of the Marvelous Canon of Logarithms. Questo lavoro fu seguito (postumo) cinque anni dopo da un altro in cui Napier esponeva i principi utilizzati nella costruzione delle sue tavole. L’idea di base dei logaritmi è che l’addizione e la sottrazione sono più facili da eseguire rispetto alla moltiplicazione e alla divisione, che, come osservò Napier, richiedono un “tedioso dispendio di tempo” e sono soggette a “errori scivolosi”. Per la legge degli esponenti, anam = an + m; cioè, nella moltiplicazione dei numeri, gli esponenti sono correlati additivamente. Mettendo in relazione la sequenza geometrica dei numeri a, a2, a3,…(a è chiamata base) e la sequenza aritmetica 1, 2, 3,…e interpolando a valori frazionari, è possibile ridurre il problema della moltiplicazione e della divisione a uno di addizione e sottrazione. Per fare questo Napier scelse una base molto vicina all’1, differenziandosi da esso solo di 1/107. La sequenza geometrica risultante forniva quindi un insieme denso di valori, adatto alla costruzione di una tabella.

Nel suo lavoro del 1619 Napier presentò un interessante modello cinematico per generare le sequenze geometriche e aritmetiche utilizzate nella costruzione delle sue tabelle. Supponiamo che due particelle si muovano lungo linee separate da punti iniziali dati. Le particelle iniziano a muoversi nello stesso istante con la stessa velocità. La prima particella continua a muoversi con una velocità decrescente, proporzionale ad ogni istante alla distanza che rimane tra lei e un dato punto fisso sulla linea. La seconda particella si muove con una velocità costante pari alla sua velocità iniziale. Dato un qualsiasi incremento di tempo, le distanze percorse dalla prima particella in incrementi successivi formano una sequenza geometricamente decrescente. Le corrispondenti distanze percorse dalla seconda particella formano una sequenza aritmeticamente crescente. Napier fu in grado di usare questo modello per ricavare teoremi che fornivano limiti precisi ai valori approssimativi delle due sequenze.

Il modello cinematico di Napier indicava quanto i matematici fossero diventati abili, all’inizio del XVII secolo, nell’analisi del moto non uniforme. Le idee cinematiche, che apparivano frequentemente nella matematica dell’epoca, fornivano un mezzo chiaro e visualizzabile per la generazione della grandezza geometrica. La concezione di una curva tracciata da una particella che si muove nello spazio ebbe in seguito un ruolo significativo nello sviluppo del calcolo.

Le idee di Napier furono riprese e riviste dal matematico inglese Henry Briggs, il primo professore saviliano di geometria a Oxford. Nel 1624 Briggs pubblicò un’ampia tabella di logaritmi comuni, o logaritmi in base 10. Poiché la base non era più vicina a 1, la tabella non poteva essere ottenuta semplicemente come quella di Napier, e Briggs quindi ideò tecniche che coinvolgevano il calcolo delle differenze finite per facilitare il calcolo delle voci. Egli ideò anche procedure di interpolazione di grande efficienza computazionale per ottenere valori intermedi.

In Svizzera il costruttore di strumenti Joost Bürgi arrivò all’idea dei logaritmi indipendentemente da Napier, anche se non pubblicò i suoi risultati fino al 1620. Quattro anni dopo, una tabella di logaritmi preparata da Keplero apparve a Marburgo. Sia Bürgi che Keplero erano osservatori astronomici, e Keplero incluse le tavole logaritmiche nelle sue famose Tabulae Rudolphinae (1627; “Tavole Rudolphine”), tabulazioni astronomiche del moto planetario derivate utilizzando l’ipotesi di orbite ellittiche intorno al Sole.

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