L’età del “Goa d’oro”
I viaggi del navigatore portoghese Vasco da Gama (1497-99, 1502-03, 1524) aprirono la rotta marina dall’Europa occidentale all’Asia attraverso il Capo di Buona Speranza. Per quasi un secolo (1500-1600), i portoghesi ebbero il monopolio dell’esplorazione e del commercio europeo nell’Oceano Indiano. Gli interessi portoghesi sulla costa occidentale dell’India erano in gran parte determinati dalle condizioni di navigazione, e a Goa trovarono un sito insulare difendibile con eccellenti strutture portuali su entrambi i lati.
Goa fu il primo possesso territoriale del Portogallo in Asia, catturato da Afonso de Albuquerque nel 1510, e servì come principale base portoghese in Oriente per quattro secoli e mezzo. Albuquerque voleva che Goa fosse una colonia e una base navale, diversa dalle fabbriche fortificate che erano state stabilite in alcuni porti indiani. Egli incoraggiò i suoi uomini a sposare donne indigene e a stabilirsi a Goa come agricoltori, commercianti al dettaglio o artigiani. Questi uomini e i loro discendenti divennero presto una casta privilegiata, e Goa acquisì una grande popolazione eurasiatica. Albuquerque e i successivi amministratori coloniali lasciarono quasi intatti i costumi e le costituzioni delle 30 comunità di villaggio dell’isola; solo il rito del suttee fu abolito. Un registro di queste usanze, il Foral dos usos e costumes (1526; “Carta degli usi e costumi”) di Alfonso Mexia, è un documento storico di grande valore.
Come capitale dell’impero orientale del Portogallo, a Goa furono concessi gli stessi privilegi civici di Lisbona. Il suo senato, o camera municipale, manteneva comunicazioni dirette con il re e pagava un rappresentante speciale per curare i suoi interessi a corte. Nel 1563 il governatore propose addirittura di fare di Goa la sede di un parlamento, in cui tutte le parti dell’Oriente portoghese dovevano essere rappresentate; il re pose il veto. Nel 1542 San Francesco Saverio notò lo splendore architettonico della città, che raggiunse il culmine della sua prosperità tra il 1575 e il 1625. Lo splendore di Goa Dourada (“Goa dorata”) ispirò il proverbio portoghese: “Chi ha visto Goa non ha bisogno di vedere Lisbona”. Le merci provenienti da tutte le parti dell’impero portoghese erano esposte nel bazar di Goa, e strade separate erano riservate alla vendita di diverse classi di merci: perle e corallo dal Bahrain, porcellane cinesi e seta, velluto portoghese e tessuti finiti, e medicine e spezie dall’arcipelago malese. Nella strada principale si vendevano all’asta gli schiavi delle colonie africane del Portogallo. Le case dei ricchi erano circondate da giardini e palmeti; erano costruite in pietra e dipinte di rosso o bianco. Al posto del vetro, le finestre dei balconi avevano sottili gusci d’ostrica levigati incastonati in tralicci.
La vita sociale di Goa rifletteva il suo status di sede della corte vicereale, dell’esercito e della marina, e della chiesa, ma il lusso ostentato si era esteso ben oltre le classi superiori prima della fine del XVI secolo. Quasi tutto il lavoro manuale era svolto da schiavi, e i soldati comuni assumevano titoli altisonanti. Era consuetudine che i poveri nobili avessero in comune alcuni mantelli di seta, un ombrello di seta e un servitore comune, in modo che ognuno potesse fare il suo turno per passeggiare per le strade, vestito alla moda e con una scorta adeguata. C’erano enormi saloni di gioco, autorizzati dal comune, dove i giocatori determinati alloggiavano per settimane insieme.
Oltre che in India, i portoghesi avevano costruito un forte a Diu, un importante porto che comandava le vie commerciali e di pellegrinaggio tra l’India e il Medio Oriente. A metà degli anni 1550 tutte le navi gujarati che entravano e uscivano dal Golfo di Khambhat dovevano pagare i dazi portoghesi a Diu. Nel 1559 i portoghesi occuparono Daman (Damão), un porto che avevano saccheggiato e bruciato quasi 30 anni prima. La fine del XVI secolo avrebbe segnato l’apice del potere del Portogallo nell’India occidentale e nelle rotte marittime adiacenti.