Questo articolo di opinione tratta del ruolo dell’ipnotizzabilità nell’efficacia delle suggestioni di analgesia per il controllo cognitivo del dolore e dei suoi correlati fisiologici.
L’ipnotizzabilità è un tratto multidimensionale che include la suggestionabilità (Raz, 2007) e altre caratteristiche come la propensione alla fantasia, l’attitudine ad essere profondamente assorbiti in specifici compiti/immagini mentali (Green e Lynn, 2011; Dasse et al, 2015), forte equivalenza funzionale tra immagini e percezione (Papalia et al., 2014; Santarcangelo, 2014; Ibanez-Marcelo et al., 2018). Prevede la propensione ad accettare suggestioni (Green et al., 2005; Elkins et al., 2015) ed è misurata da scale per cui la popolazione generale viene classificata come alta (highs, circa 15%), media (mediums, circa 70%) e bassa (lows, circa 15%) suscettibilità all’ipnosi (De Pascalis et al., 2000). Nello stato ordinario di coscienza e in assenza di suggestioni specifiche, diversi livelli di ipnotizzabilità sono associati a differenti livelli cerebrali (Landry et al., 2017), cerebellari (Bocci et al., 2017; Picerni et al, 2018), caratteristiche sensorimotorie e cardiovascolari (Santarcangelo e Scattina, 2016).
L’articolo descrive l’interazione tra suggerimenti espliciti di analgesia e l’aspettativa di sollievo dal dolore (Huber et al., 2013; De Pascalis e Scacchia, 2016) sulla base di nuovi risultati riguardanti il polimorfismo dei recettori oppioidi μ1 legato all’ipnotizzabilità (Presciuttini et al., 2018). Inoltre, l’articolo riporta l’influenza congiunta osservata dell’ipnotisabilità e dei tratti cognitivo-emotivi (Madeo et al., 2015; Jensen et al., 2016) concettualizzati come Behavioral Inhibition/Activation System (BIS/BAS) (Gray, 1990) e come Interoception/Interoceptive Awareness (Sebastiani et al., 2018; Varanini et al., 2018) sul dolore. Infine, l’articolo propone che le peculiarità morfo-funzionali osservate della rete di salienza degli alti – penisola, corteccia cingolata e prefrontale (Landry et al., 2017)- e del cervelletto (Bocci et al., 2017; Picerni et al., 2018) possano giocare un ruolo nel complesso ruolo dell’ipnotizzabilità nella modulazione del dolore. A questo proposito, va notato che, sebbene l’ipnotizzabilità sia un tratto individuale approssimativamente stabile, fattori socio-cognitivi come la disposizione relazionale e la manipolazione dell’aspettativa possono modulare l’efficacia delle suggestioni (Kirsch, 2018). I possibili substrati biologici per alcuni di questi fattori, per esempio il rilascio di ossitocina durante gli interventi ipnotici, stanno ora emergendo (Kasos et al., 2018).
Ipnotizzabilità e suggestioni per l’analgesia
Le suggestioni sono istruzioni esplicite volte a modificare la percezione, la memoria e il comportamento (Braffman e Kirsch, 1999). Le suggestioni per l’analgesia sono ampiamente impiegate grazie alla loro efficacia nel controllo cognitivo del dolore, che può essere previsto dai punteggi di ipnotizzabilità dei soggetti (Dillworth et al., 2012; Enea et al., 2014; Koban et al, 2017).
I punteggi di ipnotizzabilità predicono l’efficacia dei suggerimenti per l’analgesia sia nello stato ordinario di coscienza – cioè in assenza di qualsiasi procedura di induzione ipnotica – sia sotto ipnosi (Milling et al., 2005; Derbyshire et al., 2009; Meyer e Lynn, 2011). Suggerimenti espliciti per l’analgesia possono essere associati o meno a istruzioni per il rilassamento e immagini piacevoli (Zachariae e Bjerring, 1994; Carlson et al., 2017; Hamlin e Robertson, 2017). Suggerimenti personalizzati (Berna et al., 2012; Koban et al., 2017) possono essere preparati per ogni paziente secondo le sue preferenze e diretti alla dimensione sensoriale (Hofbauer et al., 2001) o cognitivo-affettiva del dolore (Rainville et al., 1997) o a entrambe (Feldman, 2009). Studi di neuroimaging (Del Casale et al., 2015) hanno dimostrato che negli alti i suggerimenti per l’analgesia modulano la connettività funzionale tra le regioni della matrice del dolore essendo in grado di modificare la percezione del dolore, l’attenzione al dolore, le risposte difensive e ogni altra componente dell’esperienza del dolore e del comportamento (Faymonville et al., 2003; Zeev-Wolf et al., 2016). Studi EEG e EMG hanno anche dimostrato che negli alti i suggerimenti per l’analgesia diminuiscono il dolore e sia l’attività corticale (De Pascalis et al., 1999, 2015; Valentini et al., 2013) che i riflessi nocicettivi (Kiernan et al., 1995; Danziger et al., 1998). Anche i medium possono rispondere a suggerimenti di analgesia, anche se in misura minore (Fidanza et al., 2017). Questo aumenta il numero di soggetti che possono beneficiare dell’analgesia indotta da suggestioni dal 15 all’85% della popolazione generale (Montgomery et al., 2002a,b; Milling et al, 2006, 2007).
Hypnotizability and Expectation of Pain Relief
Gli alti sono più reattivi dei bassi e dei medi non solo alle suggestioni esplicite di analgesia, ma anche all’analgesia condizionata, o Diffuse Noxious Inhibitory Control (Sandrini et al., 2000; Fidanza et al., 2017) che è mediata da oppioidi endogeni (Granot et al., 2008). Questo suggerisce che i meccanismi indotti dall’aspettativa, che sono più efficaci negli alti che nei bassi, sono associati a quelli che sostengono l’analgesia condizionata. Tuttavia, negli alti l’aspettativa di sollievo dal dolore non spiega totalmente l’analgesia indotta dalla suggestione (Gearan e Kirsch, 1993) ed è improbabile che l’aspettativa di analgesia possa essere sostenuta da meccanismi oppioidi, in contrasto con la popolazione generale (Amanzio e Benedetti, 1999; Benedetti et al., 1999; Petrovic et al., 2002; Zubieta et al., 2005; Scott et al., 2008; Babel et al., 2017). Infatti, non solo gli effetti delle suggestioni non sono aboliti dal naloxone (Moret et al., 1991) ma, inoltre, gli alti mostrano il polimorfismo μ1 (Presciuttini et al., 2018) che è stato trovato associato a una bassa sensibilità agli oppiacei, una bassa risposta al placebo (Trescot e Faynboym, 2014; Bartošová et al., 2015; Peciña e Zubieta, 2015) e un maggiore consumo di oppiacei per il post-chirurgia (Zhang et al, 2005; Boswell et al., 2013; Sia et al., 2013; Ren et al., 2015) e per il dolore da cancro (Gong et al., 2013; Wan et al., 2015; Yao et al., 2015).
Nella popolazione generale, il dolore è associato alla modulazione dell’attivazione e della connettività fuzionale della “matrice del dolore” cioè la regione cerebrale che sostiene le dimensioni varionali del dolore (Legrain et al., 2011). Essa comprende le aree somatosensoriali primarie e secondarie, l’insula e la corteccia cingolata anteriore. L’insorgenza del dolore dipende dal flusso e dall’integrazione delle informazioni tra queste aree ed è funzione delle caratteristiche individuali e del contesto (Iannetti e Mouraux, 2010).
Sia le suggestioni esplicite che le risposte al placebo sono dovute a meccanismi top-down (Zunhammer et al., 2018), ma è stato dimostrato che, in corrispondenza di una simile risposta soggettiva al placebo indotta dalle aspettative, gli alti e i bassi mostrano modelli opposti di attività e connettività funzionale (Huber et al., 2013). Infatti, i primi mostrano una ridotta connettività funzionale tra la corteccia prefrontale dorsolaterale destra (rDLPC) e la corteccia prefrontale media anteriore, il giro frontale inferiore sinistro e il cervelletto destro. Inoltre, l’analgesia da placebo è associata alla disattivazione nel talamo, nei gangli della base, nel precuneo sinistro e nel giro temporale bilaterale solo negli alti. Le differenze osservate sono in linea con i risultati precedenti che indicano che nella popolazione generale l’analgesia da placebo è sostenuta da circuiti coinvolti nella regolazione dei processi emotivi (Amanzio et al., 2011).
Un’osservazione rilevante per gli interventi clinici, tuttavia, è che una sessione sperimentale che include rilassamento o distrazione e suggerimenti per l’analgesia modula l’esperienza del dolore anche in pazienti con dolore cronico con bassi punteggi di ipnotizzabilità (Carli et al., 2008). Questo non mette in discussione il ruolo predittivo dell’ipnotizzabilità, poiché nei bassi l’analgesia non è legata al tempo delle suggestioni. Questo risultato può essere spiegato da una possibile forte motivazione all’analgesia dovuta alla presenza di dolore cronico, inducendo risposte placebo indotte dall’aspettativa in seguito alle suggestioni (Hyland, 2011; Benedetti, 2013; Benedetti e Amanzio, 2013; Carlino et al., 2014) e rendendole indirettamente efficaci anche nei bassi. Le suggestioni per l’analgesia rappresentano quindi uno strumento facile ed economico per il controllo cognitivo del dolore nella grande maggioranza dei pazienti con dolore acuto (anche legato a procedure) e cronico (Elkins et al., 2007; Jensen et al., 2009; Stoelb et al., 2009; Didier et al., 2011; Jensen e Patterson, 2014; Mendoza et al, 2017a,b; Waisblat et al., 2017).
Interazione dell’ipnotizzabilità con il sistema di inibizione/attivazione comportamentale e le abilità di interocettività
Recenti scoperte hanno messo in discussione la relazione consolidata tra gli effetti analgesici delle suggestioni e l’ipnotizzabilità. Infatti, l’interazione tra ipnotizzabilità e tratti cognitivi emotivi come quelli sostenuti dal Sistema di Inibizione/Attivazione Comportamentale (BIS/BAS) (Gray, 1990) nell’immaginazione del dolore (Santarcangelo et al., 2013) e nel controllo (Jensen et al., 2016) e nei suoi correlati corticali (Madeo et al, 2015) suggerisce che l’ipnotizzabilità può essere solo uno dei fattori coinvolti nel controllo del dolore tramite suggestioni di analgesia.
BIS/BAS ha sede nei circuiti limbici (Gray, 1990; Angelides et al., 2017), riguarda la propensione ad avvicinarsi o a ritirarsi da condizioni possibilmente piacevoli e spiacevoli, rispettivamente, e viene misurata tramite scale (Carver, 2004). Il BIS è considerato un sistema attenzionale sensibile a possibili punizioni, non ricompense e novità, mentre il BAS riflette la motivazione a seguire i propri obiettivi e ad avvicinarsi al divertimento e alla ricompensa. Un BIS elevato è associato a una maggiore attenzione, eccitazione e vigilanza, un BAS elevato a impulsività, bipolarità e deficit di attenzione/iperattività (De Pascalis et al., 2010). In particolare, il BIS/BAS modula il dolore in pazienti con cefalea (Jensen et al., 2015) e dolore muscolo-scheletrico (Serrano-Ibáñez et al., 2018).
È stato dimostrato che, anche in assenza di differenze significative tra punteggi alti e bassi, l’attività del BISBAS maschera le differenze legate all’ipnotizzabilità nella vividezza delle immagini del dolore (Santarcangelo et al, 2013) e che l’attività del BIS/BAS piuttosto che l’ipnotizzabilità stessa è responsabile delle differenze EEG legate all’ipnotizzabilità osservate durante la stimolazione nocicettiva tonica associata e non associata a suggerimenti di analgesia negli alti. D’altra parte, nei pazienti con dolore cronico la relazione tra BIS/BAS e ipnotizzabilità non è lineare (Jensen et al., 2016), il che indica un’interazione complessa.
Un altro tratto che potenzialmente influenza la relazione tra ipnotizzabilità ed effetto delle suggestioni per l’analgesia è la capacità di interocezione cioè di rilevare e interpretare gli stati corporei e i loro cambiamenti preminentemente legati all’attività del sistema autonomo. I segnali interocettivi sono monitorati ed elaborati a diversi livelli del sistema nervoso centrale come l’insula, la corteccia orbitofrontale e la corteccia cingolata (Critchley e Harrison, 2013) e l’interocezione è stata trovata alterata nei disturbi mentali (Murphy et al., 2017; Khalsa et al., 2018) e nei pazienti con dolore cronico (Di Lernia et al., 2016). Il ruolo dell’interocezione nel dolore è stato trovato diverso negli alti e bassi sani. Infatti, una correlazione tra la frequenza cardiaca a riposo e la soglia del dolore dopo suggerimenti di analgesia è stata trovata negli alti sottoposti a test pressorio a freddo, ma non nei bassi (Varanini et al., 2018). Inoltre, i risultati preliminari indicano una maggiore consapevolezza interocettiva negli alti rispetto ai medi e ai bassi (Sebastiani et al., 2018).
Sono state osservate differenze morfo-funzionali tra alti e bassi nell’insula e in altre strutture limbiche (Landry et al., 2017) e nella corteccia cerebellare (Picerni et al., 2018). Essi consistono in una riduzione del volume della materia grigia (Landry et al., 2017; Picerni et al., 2018) e in un aumento paradossale della percezione del dolore e dell’ampiezza dell’evocato corticale osservato dopo stimolazione anodica transcranica del cervelletto (Bocci et al., 2017). Queste differenze morfofunzionali potrebbero sostenere la differenza osservata legata all’ipnotizzabilità nel ruolo dell’interocezione e del sistema di inibizione/attivazione comportamentale nell’esperienza del dolore. Infatti, l’interocezione contribuisce all’emozione (Critchley e Garfinkel, 2017), l’insula e il cervelletto sono coinvolti rispettivamente nell’interocezione/interpretazione dei segnali corporei e nel monitoraggio e controllo autonomo (Di Lernia et al., 2016; Kuehn et al., 2016; Lu et al., 2016; Schulz, 2016; Adamaszek et al, 2017).
Conclusione
Come riassunto nella Figura 1, (a) l’ipnotizzabilità è solo uno dei tratti individuali coinvolti nella capacità di controllare il dolore attraverso suggestioni di analgesia; (b) in alti qualsiasi metodo di controllo cognitivo potrebbe essere scarsamente sostenuto da mecenatismi oppioidi; (c) le caratteristiche morfo-funzionali dei circuiti limbici e del cervelletto legate all’ipnotizzabilità possono sostenere differenze nei tratti cognitivo-emotivi che contribuiscono alla peculiare elaborazione del dolore; (d) l’efficacia delle suggestioni di analgesia in pazienti con bassa ipnotizzabilità può essere dovuta a risposte placebo suscitate dalle suggestioni.
Figura 1. Rappresentazione schematica dei fattori e dei meccanismi coinvolti nella riduzione del dolore nei soggetti con diversa ipnotizzabilità. L’interazione tra le reti limbiche/salienza e il cervelletto può sostenere i tratti BIS/BAS legati all’ipnotizzabilità e l’interocezione e influenzare la risposta alle suggestioni di analgesia. Quest’ultima può essere associata all’aspettativa di sollievo dal dolore e agire attraverso meccanismi legati all’ipnotizzabilità.
La visione socio-cognitiva dell’ipnotizzabilità e dell’ipnosi (Lynn e Green, 2011) è il miglior quadro di riferimento per interpretare la relazione tra ipnotizzabilità e controllo del dolore. Infatti, esse permettono di considerare il ruolo congiunto di una serie di tratti individuali e di variabili situazionali nella percezione del dolore e nel controllo cognitivo.
Contributi degli autori
Tutti gli autori elencati hanno dato un contributo sostanziale, diretto e intellettuale al lavoro, e lo hanno approvato per la pubblicazione.
Dichiarazione di conflitto di interessi
Gli autori dichiarano che la ricerca è stata condotta in assenza di relazioni commerciali o finanziarie che potrebbero essere interpretate come un potenziale conflitto di interessi.
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