La seconda fase inizia con l’Impero Romano e rappresenta la conquista dello spazio interno e, infine, la terza, che inizia all’inizio del XX secolo e che, come risultato della rivoluzione ottica rappresentata dal Cubismo mettendo fine alla prospettiva del punto di vista unico, ha dato inizio alla relazione tra spazio interno e spazio esterno. La verità è che lo spazio, sebbene sia una condizione necessaria per l’esistenza dell’architettura, non esaurisce la sua esperienza o il suo significato.

C’è un ampio gruppo di teorie positiviste che spiegano l’architettura in base alle condizioni che l’hanno fatta nascere. Sono teorie derivate dal Positivismo filosofico emerso in Francia e in Inghilterra intorno al 1830. In questa sezione si collocano le teorie storiciste, che vedono i diversi stili di architettura come espressioni del tempo storico in cui sono stati creati. Questo pone dei conflitti evidenti: se un edificio manifesta lo spirito del suo tempo, lo stesso vale per tutti gli altri dello stesso periodo.

Ovvero, si può applicare agli edifici una volta completati, ma non influisce sulla natura intrinseca dell’edificio. L’iniziatore di questa teoria, che guarda alla storia per spiegare le forme architettoniche, fu Jacob Burckhard, e da lui, attraverso il suo allievo Heinrich Wölfflin e Paul Frankl, a Siegfried Giedion e Nikolaus Pevsner. All’interno delle correnti storiciste, un altro gruppo di teorici cerca l’essenza dell’architettura e dell’arte nel cosiddetto krunstwollen o volontà artistica dominante, in un certo periodo che si rifletterebbe nella produzione architettonica e artistica dell’epoca.

Se è vero che nella maggior parte dei casi la conoscenza generale della storia, del gusto artistico dell’epoca, può contribuire alla comprensione di un’opera, come Erwin Panofsky ha ampiamente dimostrato, essa non fornisce una conoscenza di ciò che è proprio dell’architettura, della sua essenza. Questo gruppo comprende anche le interpretazioni deterministiche, secondo le quali la morfologia dell’architettura è spiegata dalle condizioni geografiche e geologiche, così come dalle tecniche e dai materiali disponibili in un dato momento e in un dato luogo.

C’è anche un vasto gruppo di sostenitori del formalismo. Come afferma Arnheim “… la forma può essere disdegnata, ma non è possibile farne a meno”. In questa sezione dobbiamo collocare teorie come la “Visibilità pura” di Wölfflin, per il quale le forme e la loro evoluzione sono i protagonisti dell’arte, e altre basate preferibilmente sulla composizione. Tra queste teorie, che danno preponderanza alla forma, all’aspetto degli edifici, spiccano quelle che hanno la loro chiave nella proporzione, una regola o un insieme di regole per la creazione e la combinazione delle parti.

La teoria classica della proporzione è, come spiega Roger Scruton nella sua opera The Aesthetics of Architecture (1985), un tentativo di trasferire all’architettura l’idea quasi musicale di un ordine armonioso, fornendo regole e principi specifici per la combinazione perfetta e proporzionata delle parti. In definitiva, saranno le relazioni matematiche a fornire le regole geometriche che governeranno le composizioni architettoniche che cercano la perfezione nelle proporzioni. Questa concezione dell’architettura non è nata con il Rinascimento. In effetti, la ricerca della segreta armonia matematica dietro la bellezza architettonica è stata una delle concezioni più popolari dell’architettura, dagli imperi del Vicino Oriente ai giorni nostri.

L’idea fondamentale si basa sull’esistenza di forme e linee diverse che devono essere armonizzate tra loro dall’architetto per ottenere un buon risultato. Deve scoprire la legge matematica dell’armonia, “così”, dice Scruton, “il piacere degli edifici costruiti secondo la legge risultante sarà come quello della musica o una dimostrazione della matematica”. Il primo passo nella costruzione di una teoria delle proporzioni è prendere una misura di base, che serve come modulo, a partire dal quale si troveranno le altre grandezze. Nonostante il parallelo che si può fare tra la matematica e l’architettura, le teorie della proporzione non toccano l’essenza dell’architettura, non offrono alcuna estetica generale della costruzione.

Tra le teorie della proporzione possiamo segnalare il cosiddetto “numero d’oro” di Lucca Pacioli, spiegato nella sua opera Divina proportione (1496-1497), la serie di Fibonacci studiata da Leonardo Fibonacci (1171-1230), e il “Modulatore” di Le Corbusier. La critica architettonica attuale non nega l’utilità delle teorie della proporzione, poiché esse sono utili per capire l’armonia, l’appropriatezza, l’ordine, ma dicono poco sul significato estetico.

A fianco delle teorie viste finora ce ne sono altre che legano architettura e volontà artistica, altre che stabiliscono una certa “simpatia” simbolica tra le forme e il loro significato (orizzontale come espressione di razionalità, di immanenza; verticale, con connotazioni di infinito; linee rette che esprimono decisione, rigidità, mentre la curva suggerisce flessibilità e l’elicoidale è simbolo di ascesa, di liberazione dalla materia terrena….), e altri che affermano che solo nella percezione estetica e nel piacere provato attraverso di essa si può fondare la comprensione dell’architettura.

Architettura per periodo

Età antica

Architettura persiana

Centro persiano

L’architettura persiana del periodo achemenide utilizza mattoni e pietra, fondendo forme egiziane e mesopotamiche. Gli edifici caratteristici sono i palazzi (Pasargada, Persepoli, Susa), costruiti su terrazze, in cui gli elementi caratteristici sono le porte ornate che terminano come i piloni egiziani (gola egiziana) con due mostri alati e arricciati con quattro gambe e non cinque, come gli assiri a cui si ispirano. Tra le stanze che offrono la novità di avere finestre, in opposizione all’illuminazione zenitale degli edifici egiziani e mesopotamici, sono caratteristiche le grandi sale o apadane, con alte colonne di pietra, che in origine erano di legno, con un capitello formato da una doppia fila di volute, di origine eoliana, e due torsi di tori inginocchiati, su cui poggiava il tetto di legno.

Ci sono due tipi di tombe del periodo achemenide: quella di Ciro a Pasargada, a forma di edicola e legata all’arte dell’Asia Minore, e quella di Dario, scavata nella roccia (Nakshé-Rustem), come gli ipogei egiziani. Gli edifici sasanidi, rappresentati dai palazzi di Firuzabad, Sarvistan e Ctesifonte, sono importanti per il loro uso di mattoni, archi e sistemi a volta, in particolare le cupole. In questi palazzi ha già fatto la sua comparsa l’iwan, come portico con un grande arco che si apre su un cortile, che vedremo nell’arte islamica.

Architettura egizia

Piramide di Cheope

L’architettura egizia è caratterizzata dall’uso della pietra, in grandi conci, perfettamente truccati, e dal sistema di architravi con colonne alte e robuste con capitelli ispirati a motivi vegetali. L’organizzazione architettonica basata sulla colonna come elemento di base è un contributo essenziale dell’arte egizia, così come il fondamento della bellezza nella ragione matematica delle proporzioni, cioè dei rapporti tra le parti che compongono l’edificio.

Il fondamento essenziale di questa bellezza è il concetto di grandezza monumentale, che trascende le proporzioni umane, in cui si differenzia fondamentalmente dal concetto greco. Le costruzioni più caratteristiche dell’arte egizia sono le tombe e i templi.

Il tipo più antico di tomba, che si ripete nel Basso Egitto, è la mastaba, che ha l’aspetto di una piramide tronca a pianta rettangolare, all’interno della quale c’è una piccola stanza, serdab, per le offerte, una piccola cappella e, sottoterra, la camera sepolcrale a cui si accede da un pozzo, che viene accecato una volta deposto il cadavere.

La sovrapposizione di mastabas dà luogo alla piramide a gradoni, come quella del faraone Zozer della II dinastia a Saqqarah. La grande piramide di Cheope fu costruita nella quarta dinastia, seguita per importanza dalle piramidi di Chefren e Mikerinos. La piramide racchiude due camere funerarie, una al centro e l’altra sotterranea, a cui si accede da stretti corridoi che sono accecati da grandi blocchi di pietra per garantire l’inaccessibilità una volta che il cadavere e le sculture e il corredo depositati nella camera superiore vi sono stati collocati.

Accanto alle piramidi ci sono templi funerari, una strada rialzata che porta al Nilo, dove viene costruito un altro tempio, e altri edifici annessi che creano un ambiente in cui la piramide è il centro dell’attenzione. Correlata alla piramide di Chefren è la Sfinge di Giza, un ritratto del faraone. Dal Medio Regno in poi, quando il centro politico si spostò verso il sud dell’Egitto, furono costruite tombe ipogee, tombe scavate nelle scogliere del fiume, come quelle di Beni-Hassan, o scavate nel terreno, come quelle ancora esistenti vicino a Tebe.

Queste tombe, le cui entrate sono nascoste, sono composte da diverse stanze, le comunicazioni tra di esse sono nascoste per evitare depredazioni. I templi più caratteristici corrispondono al Nuovo Impero. Schematicamente, consistono in un viale di sfingi, due obelischi, l’apertura dell’ingresso rettangolare tra due piloni o muri trapezoidali, spesso decorati con rilievi, e sormontati dalla caratteristica gola egizia, formata da una modanatura e una cintura il cui profilo è simile a quello della gola umana.

L’ingresso conduce a un cortile ipostilo, senza tetto e con colonne attorno al quale segue la sala ipostila, cioè con colonne, che conduce al santuario in fondo al quale si trova una piccola camera molto riservata. Si può osservare la gradazione di luminosità che, come altri aspetti, deve aver influenzato, in questo caso per opposizione, i templi cristiani in cui la massima luminosità si concentra nel chevet. Il tempio fu completato con edicole, templi e, fondamentalmente, un convento e altri edifici annessi. Caratteristici sono quelli di Karnak, Luxor, Philae e Edfu.

Un altro tipo di tempio ha carattere funerario, speos, secondo il modello ipogeo, come si vede in quelli di Deir-el-Bahari, il più notevole è quello della regina Hatsepsut, del Nuovo Impero, organizzato su tre terrazze e nel quale appaiono le colonne protodoriche. Le tombe di Abu Simbel sono molto caratteristiche, si aprono come un grande pilone scavato nella roccia, con statue sulle facciate, e consistono in una stanza con pilastri, un santuario e una cripta. Le case egizie erano composte da due parti, la più importante delle quali era la grande sala con pilastri, che ricevevano la luce dall’alto o sfruttavano l’irregolarità tra le pareti e il tetto, essendo più basse dei supporti su cui poggiava il tetto, in fondo al quale c’era un giardino.

Architettura mesopotamica

L’architettura mesopotamica si divide in caldea e assira; due regioni diverse tra l’Eufrate e il Tigri, ma una stessa linea di evoluzione architettonica. Poi, nell’orbita dell’architettura assira, l’architettura persiana può essere considerata come un ultimo riflesso di essa, arricchita e brillante.

Per quanto remota, l’architettura egizia, caldea e poi assira presentano caratteri completamente diversi e persino opposti; sono evoluzioni che possono essere contemplate come parallele ma che rimangono sempre distanti. L’argilla ha dato le sue forme strutturali e dirette, innalzandosi in torri massicce e a gradoni che si alzano in cerca di frescura o si chiudono in cupole per proteggere dal sole e dalla pioggia. Un’abile distribuzione dell’acqua ha trasformato le terrazze e i terrazzamenti in giardini sospesi. Sono questi aspetti generali che forse appaiono nell’architettura delle città caldee.

Si ritiene che il periodo caldeo o babilonese sia durato circa 3.000 anni; dal 4000 a.C, La città biblica di Ur, le città di Tello, Nipur e Babilonia erano i centri principali di questa prima architettura mesopotamica, dove oggi rimangono solo scarsi resti e tumuli di argilla di antichi villaggi e palazzi. Le torri, o “ziggurat” -montagne sacre-, sono forse l’elemento più caratteristico di questa Architettura; erano torri simboliche dalle quali si osservavano le stelle, composte da massicci sovrapposti a gradini e la cui cima, dove si supponeva esistesse un osservatorio astronomico, era coronata da una cupola splendente. Gli ziggurat, come quello di Borsippa, indicano che avevano sette piani, ognuno dei quali rappresentava un colore dell’arcobaleno o una delle sette luci della Terra; il Sole, la Luna e i pianeti conosciuti all’epoca. Rampe, a volte elicoidali, portavano alle alte terrazze e alla cima, che raggiungeva un’altezza di più di 80 metri.

Torre di Babele

La Torre di Babele non era probabilmente altro che un enorme ziggurat. Erano un popolo pratico: la loro religione aveva un senso di utilità, era una regola morale e un mezzo per prevedere il futuro; era più in accordo con la natura che con la speranza di un aldilà. Da qui la mancanza di grandi templi e tombe. Abbiamo parlato di mattoni, e in effetti furono i Caldei, e più tardi gli Assiri, i grandi costruttori di questo materiale, che ancora oggi è usato come loro: in archi, volte e coperture vetrate.

La mancanza di legno li portò a inventare tecniche ingegnose per trasformare archi e cupole semplicemente facendo aderire la malta di calce ai mattoni che si sovrapponevano o erano tenuti insieme per gravità fino a chiudere la curva. L’arco è nato come una soluzione naturale e meravigliosa per coprire uno spazio dato, contando solo sull’argilla della terra e sul fuoco che la trasforma in mattoni. I muri spessi e le forme strette e allungate delle stanze chiuse mostrano che erano coperte da volte a botte già nel Palazzo di Gudea a Tello.

Lo spirito di rude autorità e legge con cui i Caldei erano governati si riflette nella grandezza ordinata di Babilonia 2500 a.C. I resoconti di Erodoto e gli scavi recenti mostrano che la città aveva una pianta di bordo paragonabile a quella di una città moderna; viali paralleli al fiume e strade trasversali perfettamente orientate che coprono 200 miglia quadrate. L’urbanistica sembra essere stata molto più remota di quanto si pensi. La Via Sacra, alla quale si accedeva attraverso la Porta di Ishtar, era il viale principale della città. Un’alta cintura di mura con cento porte di bronzo circondava e difendeva la città, dove si trovavano più di 200 ziggurat. Una di queste torri, accanto al tempio di Marduk (Baal), il dio tutelare della città, si suppone sia stata la Torre di Babele. Gli Assiri che governarono Babilonia nel 1275 a.C. replicarono essenzialmente l’architettura caldea.

Architettura mesoamericana

Il Tempio di Kukulkan, il più conosciuto a Chichen Itza

Le due tipologie di architettura più rilevanti sviluppate dalle diverse civiltà mesoamericane furono la piramide e il gioco della palla. La piramide americana è diversa dalla piramide egizia non solo nella sua forma – a gradini e troncata in cima – ma anche nella sua funzione, che è quella di ospitare un santuario o un tempio sull’altopiano più alto.

Una pratica comune era quella di erigere le piramidi a strati, in modo che un nuovo edificio veniva costruito intorno al vecchio ogni 52 anni, che era il ciclo stabilito per il rinnovo del mondo. Il gioco della palla, che non era uno sport ma uno spettacolo rituale, era spesso associato alle piramidi e consisteva in uno spazio murato con una pianta a doppia T. La cultura Maya si estendeva dalla penisola dello Yucatan al Belize, Honduras e Guatemala, e il suo periodo di massimo splendore fu tra il IV e l’XI secolo. Una delle prime grandi città maya fu Tikal (Guatemala), di cui si conserva un enorme recinto sacro (III-VIII secolo) con numerose piramidi.

Sulle piattaforme di queste piramidi sorgono i templi o santuari, con uno spazio interno coperto da una falsa volta tipica dell’architettura di questa civiltà. Un altro centro fiorente nel periodo classico fu Copán (Honduras), un centro di studi astronomici dove si conserva la monumentale scala geroglifica (VII-VIII secolo) e uno dei più bei giochi di palla della civiltà maya. Palenque (così chiamata dagli spagnoli perché era un recinto murato) era il centro di questa cultura in Messico e il suo edificio più emblematico è il Tempio delle Iscrizioni (VII-VIII secolo), situato sulla cima di una piramide che, in questo caso, contiene una camera funeraria. Già nel primo millennio dopo Cristo, il guerriero Kukulcan fondò la città di Chichen Itza nella pianura dello Yucatan.

L’architettura di questa città è fortemente influenzata dalla zona a nord della capitale messicana, come mostrano il Tempio dei Guerrieri (XI-XII secolo) e la piramide del Castello (XI-XII secolo), che seguono modelli toltechi della città di Tula. Altri edifici simbolo di Chichén Itzá includono il Caracol (un osservatorio astronomico a cui si accede da una scala a chiocciola) e la famosa Corte del Ballo, fiancheggiata da pareti monumentali riccamente scolpite. Sempre nella penisola dello Yucatán si trova Uxmal, il cui bellissimo Palazzo del Governatore (X-XI secolo), eretto su un altopiano artificiale, mostra la maestria compositiva raggiunta nella fase finale dell’arte maya classica.

La cosiddetta cultura La Venta (800-400 a.C.), probabilmente imparentata con il popolo olmeco, sembra essere stata una delle prime e anche la più influente dell’intero continente americano. Il suo effetto può essere visto negli edifici di Monte Alban (VI-X secolo), un’acropoli zapoteca sopra la città di Oaxaca, o nel palazzo delle Colonne del XV secolo a Mitla, sempre a Oaxaca, con le sue spettacolari pareti ricoperte di mosaico. Un’altra interessante civiltà mesoamericana è quella di El Tajin, che ha lasciato in eredità la sua Grande Piramide (VII secolo) di nicchie scolpite sulle pareti verticali. Tuttavia, la grande cultura classica del Messico centrale era Teotihuacan, situata nella pianura nord-occidentale del Messico-Tenochitlan. La sua opera più favolosa è la grande Piramide del Sole (II secolo a.C.), un edificio alto 72 metri e di 240 metri quadrati, il cui complesso è completato dalla Piramide della Luna e da un’area terrazzata conosciuta come la Cittadella.

Circa nel IX secolo, la cultura di Teotihuacán cedette alla spinta del popolo Tolteco, che introdusse il culto del serpente piumato Quetzalcoatl, un’immagine spesso rappresentata nei bassorilievi dei loro templi. La capitale tolteca era Tula, dove si conserva la piramide del Tempio della Stella del Mattino (c. 900), costruita su cinque livelli alti 2 m. Un centro esemplificativo della transizione dall’epoca classica a quella tolteca è Xochicalco (casa dei fiori), nell’attuale stato di Morelos, Messico; il suo magnifico Tempio di Quetzalcoatl è ornato da bassorilievi e glifi.

Architettura cretese-micenea

Questa è rappresentata principalmente da palazzi cretesi e da costruzioni micenee di carattere militare, urbano e funerario. Il palazzo cretese ci offre un complicato insieme di stanze che si sviluppano labirinticamente intorno a un cortile. Si tratta di costruzioni ad architrave, a volte a due piani, che utilizzano pilastri come supporti, sia i supporti che le pareti delle case sono coperte da dipinti. I palazzi di Cnosso, Festo e Hagia Triada sono caratteristici.

Architettura greca

Atene Acropoli

L’architettura greca è rappresentata principalmente da templi, che sono costruiti secondo principi o regole che costituiscono gli ordini o stili architettonici. Ci sono due stili classici, dorico e ionico, che corrispondono alle due radici dell’arte greca, dorico e ionico, il primo più strettamente legato alle culture metalliche europee e il secondo all’Asia minore. L’ordine corinzio fu aggiunto nel V secolo, e più tardi, a metà del periodo ellenistico, apparve il capitello composito. Lo stile dorico si diffuse soprattutto in Grecia e in Sicilia. Ha avuto origine nelle costruzioni in legno, le cui forme sono state trasposte sulla pietra.

È caratterizzato da una colonna con un fusto scanalato, a spigoli vivi, senza base; un capitello formato da un collare, un echino e un abaco quadrato; e una trabeazione divisa in tre fasce, l’architrave, semplice; il fregio con triglifi che corrispondono alle teste delle travi trasversali nelle costruzioni in legno e tra di loro le metope, lisce o decorate, che servivano in origine a coprire le fessure tra le teste delle travi; e finire la trabeazione, la cornice sporgente, con piccole piastrelle o montanti. Lo stile ionico, originario dell’Asia Minore, offre proporzioni più snelle. La dimensione delle colonne risponde a una proporzione o canone, prendendo come unità di misura o modulo il diametro del fusto alla sua base, nello stesso modo in cui nella scultura la dimensione della testa è presa come modulo per la rappresentazione ideale del corpo umano. I templi sono innalzati su gradini (krepis, l’ultimo dei quali è lo stibolato), e secondo le loro caratteristiche sono chiamati con vari nomi, di cui i principali sono i seguenti:

L’architettura greca si sviluppò principalmente intorno ai santuari. I principali sono quelli di Olimpia, Delfi, Atene, Eleusi, Delo, Epidauro, Mileto, Efeso; e in Sicilia,

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